REPORT GRUPPO LAVORO
“Verso il referendum, costruiamo il quorum”
ASSEMBLEA DI FIRENZE
La sessione di lavoro Verso il referendum, costruiamo il quorum ha visto all’ordine del giorno tre argomenti, tutti strategici e interconnessi:
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la campagna di autofinanziamento
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la costituzione formale del comitato promotore
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la Campagna di comunicazione.
Campagna di autofinanziamento
La prossima fase della campagna referendaria vede un impegno totalmente diverso da quello finora profuso. Una cosa è far firmare 1 milione e 400.000 persone, altro è quello di far votare 25.000.000 e più cittadini.
Per questo motivo è stato stimato (partendo dalle spese che finora sono state sostenute ed elaborando le dovute proiezioni per il futuro) che la somma idonea a sostenere questa seconda fase del cammino intrapreso è quella di 500.000 euro.
Per raccogliere questi fondi in completa autonomia, è stata proposta dalla segreteria una campagna di autofinanziamento da far vivere nei territori, sul web e con i media a noi vicini e che richiede l’apporto (comunicazione ai loro iscritti e sostegno alla diffusione) di tutte le associazioni e realtà aderenti alla campagna.
La campagna di autofinanziamento prevede di usare diversi strumenti tra cui la donazione e la sottoscrizione con restituzione. Su questo ultimo aspetto in particolare si è sviluppato un vasto dibattito.
La proposta è così articolata: ci si rivolgerà con grande trasparenza e chiarezza ai cittadini chiedendo di versare una somma per finanziare la campagna; nel caso in cui il referendum raggiungesse il quorum, queste somme verrebbero restituite con il rimborso elettorale previsto per legge per i referendum (€ 0,52 per ogni firma raccolta, fino a un massimo di 500.000 firme per quesito) e intestato al Comitato tecnico referendario (il Comitato che si costituirà formalmente). In caso di raggiungimento del quorum per tutti e 3 i quesiti il nostro rimborso elettorale ammonterebbe quindi a 780.000
Sostanzialmente si tratta, quindi, di un prestito regolato da un vero e proprio contratto stipulato tra il Comitato tecnico referendario e il cittadino.
È logico che per una campagna come quella che andremo ad affrontare, la maggior parte delle entrate saranno raccolte tramite il “vecchio” sistema delle donazioni, ma il fondo di sottoscrizione ha un forte significato politico.
L’obiettivo di tale sistema non è gravare ulteriormente sui cittadini, ma è quello di avere autonomia economica. Ci si rivolge a coloro i quali il Comitato considera i soggetti principali di questa iniziativa per avere una forma di sostentamento trasparente e per evitare un sostegno proveniente da altri soggetti che potrebbero minare l’autonomia della campagna.
Per un obiettivo simile si è pensato che lo strumento bancario più idoneo possa essere Banca Etica
Il dibattito ha registrato numerosi interventi e sostanzialmente la maggior parte dei partecipanti ha chiesto di avere un “cambio di registro”, di effettuare un “passo in avanti” in occasione di questa fase della campagna che dovrà vedere un’organizzazione più strutturata e un maggior numero di risorse, strumenti e mezzi.
C’è chi ha espresso delle perplessità sullo strumento del fondo e sulla difficoltà su come comunicarlo ai cittadini: a qualcuno sembra che il sistema del fondo sia troppo incentrato su meccanismi economici e che potrebbe “minare” lo spirito con cui il movimento si è mosso finora. Qualcuno ha poi chiesto una determinazione più precisa delle spese che portano alla somma di 500.000 euro e magari cercare di anche di contenerla entro certi limiti. Qualcun altro, invece, ha raccomandato l’eticità degli strumenti utilizzati. Da molti è emersa la richiesta di un sistema che veda una gestione e una rendicontazione ancora più trasparente e un’organizzazione più articolata e partecipata della struttura che gestirà i fondi raccolti.
La maggior parte del gruppo, comunque, ha riconosciuto nel fondo uno strumento valido a compiere quel salto in avanti generalmente auspicato, seppur ponendo attenzione agli aspetti delicati emersi durante il dibattito, come: un approfondimento dei costi amministrativi e di gestione del fondo di sottoscrizione, del costo delle operazioni di rimborso e di promozione del fondo (web); la quantificazione dei costi fissi di gestione (segreteria) e di comunicazione.
Formalizzazione del Comitato tecnico promotore
Per legge c’è bisogno di un soggetto giuridico, cioè di un Comitato legalmente costituito che dovrà gestire gli aspetti tecnici ed amministrativi della campagna e dovrà essere composto minimo dai 43 promotori (le 43 persone che hanno formalmente presentato i quesiti alla Corte), che di fatto, in assenza di una costituzione formale, lo rappresenterebbero singolarmente di fronte alle istituzioni.
Sulla struttura del Comitato sono emerse due proposte:
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un soggetto costituito solo dai 43 promotori
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un soggetto costituito dai 43 promotori allargato a rappresentanti regionali (max 20 uno per regionale) che rappresentino i referenti territoriali dei “Comitati per il Si” (che si costituiranno in ogni regione e territorio) e partecipino alla gestione amministrativa .
I vantaggi di questa seconda opzione sono l’allargamento della partecipazione e del consenso e l’individuazione di un responsabile che a livello regionale sia il referente riconosciuto per tutte le realtà territoriali; il rischio è che possano insorgere meccanismi implosivi all’interno delle regioni per l’individuazione dei delegati, oltre a dare l'impressione di conferire una connotazione politica a quello che deve essere esclusivamente un comitato tecnico-operativo.
La cosa più importante da ribadire, comunque, è che in entrambe le opzioni suindicate, questo organismo (comitato tecnico referendario) è cosa diversa dal Comitato nazionale promotore della campagna referendaria. Sul ruolo e le responsabilità del Comitato tecnico referendario sono stati richiesti alcuni approfondimenti presso lo studio notarile, in quanto è stato fatto rilevare che per legge i comitati sono composti da persone ed i componenti rispondono personalmente e con il proprio patrimonio, verso terzi, degli obblighi assunti.
Le due strutture: il Comitato tecnico referendario e il Comitato promotore nazionale, sono due organi distinti.
La sede decisionale e politica resterà il Comitato promotore nazionale costituito dalle realtà che ne hanno fatto parte fino ad adesso e da quelle che in futuro aderiranno.
È logico che andranno delineate bene le regole e le modalità di raccordo tra i due organismi
Per il primo occorrerà stabilire, attraverso lo Statuto, gli organi di rappresentanza nonché definire come tutelare le 43 persone coinvolte (poiché anche se sono lì in rappresentanza di organismi, da un unto di vista giuridico rispondono personalmente, verso terzi di qualsiasi atto); come avere una gestione strutturata e, al tempo stesso, trasparente e partecipata; come individuare, nel caso sia scelta l’opzione dei 43+20, regole ben precise su come addivenire all’elezione/designazione dei delegati regionali.
Per il secondo organismo (comitato promotore nazionale) occorrerà, invece, come è stato richiesto espressamente da molti, elaborare proposte che regolino i momenti decisionali, come, ad esempio, le modalità di interlocuzione con il Comitato tecnico, nell'ottica di poter disporre di una struttura organizzativa più partecipata e collegiale.
A conclusione del dibattito è stata approvata la proposta di costituire due gruppi di lavori:
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il primo gruppo andrà a lavorare su una bozza di statuto del Comitato tecnico referendario che la segreteria ha già sottoposto ad un notaio da cui attende una risposta entro pochi giorni. Questo gruppo dovrà lavorare in tempi strettissimi ed entro 20-30 giorni presenterà una bozza da sottoporre al Comitato promotore per l’opportuna approvazione;
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il secondo (Gruppo modalità di funzionamento del Comitato Promotore nazionale) dovrà, con un po’ più di tempo, elaborare delle proposte al fine di perfezionare e strutturare in modo più preciso le modalità di lavoro del Comitato promotore nazionale e del Forum dei movimenti per l'acqua
Campagna di comunicazione
Un movimento come il nostro è composto da organismi e realtà provenienti da mille strade diverse e, soprattutto, con diversi modi di comunicare.
Se, a questo aspetto, aggiungiamo il fatto che portare almeno 25.000.000 di cittadini a votare è cosa ben diversa dal far firmare una proposta di referendum a 1 milione e 400.000 persone, da parte della gran parte dei partecipanti al gruppo è stato chiesto un cambio di registro anche e soprattutto nelle attività di comunicazione.
Il dibattito sviluppatosi ha visto una serie di interventi tutti molto utili alla discussione e che hanno fornito non solo già alcune direttive sulle quali orientarsi, ma veri e propri input, spesso molto lungimiranti, su cui ragionare successivamente in sede di progettazione della campagna.
Il gruppo alla fine degli interventi ha inteso individuare 4 punti su cui focalizzare l’attenzione e sui quali far lavorare un ristretto gruppo di persone che provvederà a stendere un documento nel quale indicare tutte le informazioni necessarie per progettare la campagna di comunicazione.
Il gruppo non dovrà elaborare materialmente la campagna, ma sintetizzare e predisporre le basi su cui impostare la campagna comunicativa a partire dalle prime indicazioni emerse dal presente tavolo di lavoro e di seguito elencate
I 4 punti sono:
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comunicare “chi siamo” e “cosa pensiamo” perché se si comunicano bene questi due elementi non solo si porrà l’accento sull’identità del movimento ma si favorirà notevolmente la comprensione di cosa facciamo e cosa vogliamo;
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Verificare tutti i mezzi e gli strumenti di comunicazione che possano essere utili al raggiungimento degli obiettivi che ci prefiggiamo, senza pregiudizi e prevenzioni. Questo aspetto è strettamente collegato all’individuazione del target che intendiamo raggiungere: a chi ci rivolgiamo per avere i 25.000.000 di cittadini che votano?
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Produzione centrale e diffusione locale dei materiali. Non si può assolutamente comunicare in mille modi diversi altrimenti si disperde/moltiplica il messaggio e non si raggiunge l’obiettivo. La campagna di comunicazione che andiamo a vivere deve essere coordinata bene e quindi ci deve essere una sinergia notevole tra la produzione a livello nazionale e la diffusione a livello dei territori. Non solo, ma anche e soprattutto tra i territori stessi.
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L’autoformazione. Le modalità di formazione al nostro interno sui contenuti e su come comunicare questi all’esterno. Questo non solo perché i contenuti devono essere chiari a tutti i soggetti già coinvolti nell’iniziativa, ma perché devono essere comunicati in maniera uniforme a chi non è ancora informato.
Questi 4 punti sono sostanzialmente delle linee guida che dovranno prima essere sviluppate e sintetizzate in documento e poi trasmesse a chi avrà il compito di elaborare la campagna di comunicazione.
Per il lavoro di sviluppo e redazione del documento è stata proposta la costituzione di un ristretto gruppo di lavoro.