Disastro di Bussi, i veleni diventano di proprietà pubblica? Una follia.
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- Pubblicato: Giovedì, 19 Maggio 2016 11:15
"Un "pacco" e una "solettona" per la collettività, altro che bonifiche, con i veleni che diventano di proprietà pubblica e vengono tombati sotto il cemento" così il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua sull'Accordo di Programma che si sta profilando per il Sito nazionale di Bonifica di Bussi, uno dei luoghi più inquinati d'Europa.
Il Forum ha inviato nei giorni scorsi una documentata lettera-esposto a diversi enti, tra cui le procure di Pescara e L'Aquila, il CSM, la Corte dei Conti e l'ANAC.
Ad oggi è quasi impossibile entrare nel merito e l'unica possibilità di esprimere qualche opinione è basarsi sulle più recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa da alcuni dei protagonisti dell'accordo.
L'ipotesi di accordo avrebbe contenuti tragicomici per l'intera vallata del Pescara:
- non viene in alcun modo toccata la discarica Tremonti;
- il Sito Industriale, uno dei luoghi più inquinati del Pianeta, per la cui bonifica servirebbero centinaia di milioni di euro, vasto decine di ettari, da cui ancora oggi fuoriescono inquinanti cancerogeni verso valle, verrebbe "nazionalizzato" con il passaggio della proprietà da una multinazionale, la Solvay, ad un comune, quello di Bussi, di 2500 abitanti. Il Forum ha un'unica parola per commentare il fatto che la proprietà dei veleni passi al pubblico: "follia"! Ci chiedono di privatizzare tutto, gli ultimi governi hanno posto limiti strettissimi all'acquisizione di immobili da parte di enti pubblici e qui si va contro-corrente,il pubblico acquisisce al suo patrimonio un'area contaminata! Se proprio qualcuno vuole avviare una nuova attività, perché non può essere direttamente Solvay a cedere all'investitore le aree in questione?
- l'unica zona del sito industriale in cui si farebbero interventi è l'Area Medavox. Qui i veleni sarebbero semplicemente "tombati" per decenni sotto una "solettona" di cemento e si cercherebbe di agire a valle curando i "sintomi" - l'inquinamento della falda acquifera - e non la causa - la rimozione dei veleni. I terreni dell'area MEDAVOX sono inquinatissimi, con dieci sostanze pericolose, cancerogene e/o tossiche oltre i limiti di legge (alleghiamo una scheda con i dati). Il suolo è inquinato fino a 10 metri di profondità. Non lo diciamo noi ma il Piano di Caratterizzazione predisposto da Solvay e approvato dal Ministero dell'Ambiente. Gli interventi sui sotto-servizi sono iniziative minimali che non toccano questi terreni.
Paradossalmente l'arrivo della nuova fabbrica è l'unico modo per poter "tombare" i veleni. In assenza di reindustrializzazione ci sarebbe l'obbligo della bonifica. Invece, se si trova qualcuno disposto a fare qualche attività si può evitare per ora la bonifica e procedere esclusivamente alla messa in sicurezza operativa, la famosa "solettona". Tutti noi sosteniamo la necessità di creare lavoro ma viene da chiedersi: tra tanti posti dove poter insediare una nuova fabbrica in valpescara si doveva scegliere proprio quell'area inquinata rinviando sine-die la bonifica che - a parole - è l'obiettivo di tutti? Ricordiamo che la valle del disastro ambientale è un luogo strategico dal punto di vista ambientale in quanto è un vero e proprio "imbuto" dove passa gran parte dell'acqua che dall'Appennino centrale muove verso il Mare Adriatico. Perché la compagine formata dal sindaco di Bussi di Rifondazione Comunista, un partito che - sempre a a parole - sostiene le bonifiche, la multinazionale Solvay e la società Uniholding dell'imprenditore Alberto Filippi, ex senatore leghista poi espulso dal partito con un passaggio anche a La Destra di Storace, procederebbe in questo modo? Regione e Ministero non hanno nulla da dire sul futuro dell'acqua nell'intera valpescara?
Il Forum stigmatizza il fatto che dal sito continuano a fuoriuscire sostanze cancerogene verso valle senza che nessuno, compresa la Magistratura, intervenga concretamente per far finire questo scandalo che dura da oltre dieci anni.
Nell'esposto si contesta altresì la totale assenza di trasparenza e partecipazione. Gli atti, dalle bozze dell'accordo a documenti essenziali sulla sicurezza delle aree come l'Analisi di Rischio oppure le modalità di intervento per le diverse zone rimangono sotto chiave nei cassetti degli enti in vista della Conferenza dei Servizi del 23 maggio. Convenzioni internazionali come la Convenzione di Aarhus, pienamente recepita dalle direttive comunitarie, obbligano gli enti a metterle a disposizione del pubblico per le osservazioni. Noi siamo abituati a leggere le carte. Solo leggendo gli atti si può garantire un processo di partecipazione consapevole, finora sostituito da un percorso opaco nelle sedi regionali e populistico nelle sedi locali.
La procedura amministrativa seguita è a dir poco imbarazzante. L'ultima conferenza dei servizi, propedeutica al prossimo incontro del 23 maggio, pare essere stata convocata da un fantasma. Non è stato possibile conoscere il nome del Responsabile Unico del Procedimento (RUP) che è l'unico soggetto che può attivare il percorso amministrativo. Scene impensabili per uno stato di diritto quelle a cui ha assistito il rappresentante del Forum che aveva chiesto per iscritto di poter essere audito alla riunione di marzo della Conferenza. Ricordiamo che anche la legge che disciplina le conferenze dei servizi prevede che le parti interessate siano messe in condizione per presentare osservazioni che devono essere contro-dedotte prima di concludere il procedimento.
Infine, ciliegina sulla torta, il Forum ha evidenziato un potenziale conflitto di interesse del neo-direttore generale del Ministero dell'Ambiente Gaia Checcucci, uno dei protagonisti del percorso amministrativo che dovrebbe portare il 23 maggio alla stipula dell'accordo di programma. La Dr.ssa Checcucci da gennaio 2016 è stata nominata direttore della direzione bonifiche e acque del Ministero, come dirigente esterno (prima era segretario dell'Autorità di Bacino dell'Arno). Fino a pochi mesi fa, secondo visure camerali fatte in Camera di Commercio, era nel Consiglio di Amministrazione della società Intesa Aretina scarl., il partner privato della società di gestione dell'acqua di Arezzo. Proprietari di Intesa Aretina sono Ondeo, una società del gruppo Suez (ora Engie), Acea, Monte dei Paschi di Siena e Banca Etruria. Il gruppo Suez (Engie) è partner di Solvay in alcune iniziative e nella nota si specificano varie situazioni di contatto, anche in Italia, tra le due società. La Dr.ssa Checcucci nel curriculum depositato presso il Ministero non ha citato il suo ruolo in Intesa Aretina. La questione è assai delicata in quanto le norme nazionali sul Pubblico impiego e quelle relative alla prevenzione della corruzione, prevedono che il funzionario pubblico deve astenersi da attività in cui sia possibile riscontrare un conflitto di interessi. Il Piano anti-corruzione del Ministero dell'Ambiente prevede che siano evidenziate tutte le possibili forme di conflitto di interesse da parte dei funzionari. L'Art.4 "Inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati" del D.lgs.8 aprile 2013 n.39, determina l'inconferibilità di incarichi dirigenziali a soggetti che abbiano avuto incarichi in enti privati finanziati e/o regolati dal soggetto pubblico affidatario dell'incarico nei due anni precedenti. La Dr.ssa Gaia Checcucci il 2/11/2015 ha dichiarato di non avere situazioni di inconferibilità/incompatibilità per l'incarico dirigenziale affidatole così come risulta dalle schede pubblicate sul sito del Ministero dell'Ambiente. Ad avviso del Forum la Dr.ssa Checcucci, per i motivi sopra evidenziati, avrebbe dovuto astenersi da ogni attività relativa alla predisposizione ed approvazione dell'accordo di programma. Inoltre, per il ruolo di vertice esercitato dalla stessa all'interno dell'amministrazione del Ministero dell'Ambiente, si pone un problema più ampio che investe l'operatività dello stesso ministero.
Il Forum dell'Acqua ribadisce che la priorità, anche per creare lavoro, è la bonifica di tutte le aree, sia le mega-discariche sia l'area industriale. La valpescara non può continuare a subire ragionamenti che si facevano 110 anni fa quando si insediò nel sito la fabbrica: la reindustrializzazione non può diventare la scusa per non procedere all'eliminazione una volta per tutte dei veleni presenti nell'area.
Segreteria Operativa Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua
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