Acqua del Vesuvio, il referendum violato
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- Pubblicato: Giovedì, 15 Settembre 2011 09:57
Aumento delle bollette, restano i privati
di Adriana Pollice (Il Manifesto 14-09-2011)
La vittoria ai referendum sull'acqua è passata senza lasciare nessun segno nella gestione del servizio idrico integrato nei 76 comuni tra la piana del fiume Sarno e le pendici del Vesuvio, penisola sorrentina e Capri incluse.
L'anno prossimo saranno dieci anni di gestione della Gori Spa, controllata Acea, con in pancia quasi il 10% della multinazionale Suez. Un colosso che in sette anni (dal 2003 al 2010) ha accumulato debiti per 125.237.807 euro, di cui 19.352.016 nel solo 2010. Sulla qualità del servizio neanche a parlarne: tariffe alle stelle, nessun investimento e acqua in alcune zone inquinata da elementi nocivi, come i floruri.
Ma ci sono stati i referendum e allora i comitati si aspettavano un'assemblea dell'Ato con, all'ordine del giorno, la ripubblicizzazione del servizio e, soprattutto, l'eliminazione dalla bolletta del costo della remunerazione del capitale investito, una percentuale che va dal sette a oltre il 27%. Invece l'Ato, condotto dal senatore Pdl Carlo Sarro, ha lasciato intatto il margine di profitto e in più ha deliberato l'aumento delle bollette per ripianare i debiti della Gori. Il meccanismo passa dall'avvicinare le tariffe dei due bacini dell'Ato3 rialzandole verso l'alto per evitare che il buco in bilancio si allarghi, rimandando al 2012 nuovi aumenti attraverso l'unificazione delle tariffe.
Per il bacino A il costo base arriva a 1,3210 euro a metro cubo. I ritocchi previsti per il bacino B sono più alti (avendo una tariffa di partenza più bassa) e toccano 1,1719 euro a metro cubo, per le utenze industriali si arriva a 1,2795 euro. Un meccanismo particolarmente cattivo perché colpisce soprattutto i consumi essenziali e meno gli sprechi. Il blitz era già stato messo a punto prima della tornata di elezioni amministrative e poi posticipato per non creare dubbi dell'ultima ora nell'elettorato. La Gori annaspa nei debiti, si dice che l'Acea sarebbe voluta andare via da un affare che è andato di traverso grazie alle battaglie continue dei comitati, ma non prima di aver recuperato le passività. Così dalla regione è arrivato in soccorso il presidente Sarro a fare da arbitro interessato a una panchina sola, la stessa regione che ancora non ha chiesto conto alla Gori dei soldi mai pagati per l'acqua prelevata alla fonte, mentre se i cittadini non pagano le bollette pazze (ci sono stati casi da 18 mila euro) arriva di corsa Equitalia a pignorare. Allora ci si attrezza di nuovo alla battaglia, anche attraverso ricorsi al Tar, e intanto si apre un nuovo fronte con l'Ato2, 136 comuni distribuiti tra le provincie di Napoli e Caserta.
A insospettire i Comitati cittadini per la gestione pubblica dell'acqua è stata l'assemblea di lunedì scorso, andata deserta. Mancavano tutti i delegati dell'area casertana, ben cento. Molto sospette anche le assenze del vicepresidente di Ato2, il potente senatore Sarro a capo di Ato3, del presidente Vincenzo Iodice e del delegato della provincia di Caserta. Tutti provenienti da Terra di lavoro. Il sospetto più che fondato è che si punti a far passare il restante anno e mezzo dai referendum, un tempo da impiegare utilmente mettendo in moto la scissione del napoletano dal casertano, per poi spingere il secondo verso la privatizzazione sotto la sigla Ato5, già previsto dalla giunta Bassolino ma rimasto lettera morta. A spingere il progetto ci sarebbe il presidente della provincia e parlamentare Udc, Domenico Zinzi, spettatore interessato Acea. Le reti di cittadini a questo punto si aspettano da Napoli e dall'assessore ai Beni comuni, Alberto Lucarelli, un'accelerazione verso l'acqua pubblica, che magari trascini altre amministrazioni.