12 ottobre: Territori ribelli in difesa dei beni comuni
Immaginate una cartina dell’Italia piena di puntini uniti da una linea comune. Immaginate dentro a ciascun puntino le storie delle lotte a difesa di un parco cittadino, di una montagna, di una casa, dell’acqua pubblica, di chi si batte contro le speculazioni che fanno rima con grandi opere e mega eventi.
Sabato questa geografia delle lotte si è materializzata in decine di luoghi riempiti da azioni, storie e persone, attraversati da parole e concetti che viaggiando su questa immaginaria linea comune hanno unito i puntini: territori, risorse comuni, beni comuni, speculazione, debito, cemento, precarietà, mafie, privatizzazioni. A lotte comuni un vocabolario comune.
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Il 12 ottobre lanciamo una giornata di mobilitazione nazionale “in difesa dei territori e dei beni comuni, contro vecchi e nuovi colonialismi”. Lo facciamo a partire dall’incontro tra diverse battaglie territoriali, consapevoli che, per quanto possa cambiare il contesto, la speculazione o la valorizzazione, i processi e le dinamiche coincidono. Questo processo di controllo e dominio sviluppato dai grandi poteri finanziari e dai poteri forti, come multiutility e banche, ma anche organizzazioni criminali, lo vediamo nei nostri territori. Per massimizzare i profitti e appianare i debiti vengono sacrificati interi territori ed erosi i diritti delle persone che li abitano.
L’imperativo è fare cassa: i diritti non contanto. A partire dai fondi immobiliari degli enti locali, passando per la gestione dell’acqua, dell’energia, dei servizi pubblici, per giungere ai rifiuti, si profila una sistematica espropriazione e privatizzazione dei beni comuni. Si assiste ad una continua erosione della democrazia diretta: negando il diritto all’autodeterminazione si cerca di impedire la tutela del patrimonio ambientale.
Questo accade in Italia come nel resto del mondo.
Le recenti mobilitazioni dei campesinos che da metà agosto paralizzano la Colombia, ci fanno riflettere su come sia possibile globalizzare le lotte il cui denominatore comune sono i processi di privazione delle risorse e quindi l’estromissione delle popolazione dall’accesso ai beni comuni.
L’America Latina, infatti, è un chiaro esempio di come il mercato si muove: dalle coltivazioni di agrocombustibili (pensiamo alla Monsanto), alla costruzione di un enorme diga nella regione del Huila per produrre energia che verrà venduta; opera in cui è coinvolta l’italiana Enel e che provocherà l’inondazione di 8000 ettari di terreno e lo sfollamento di centinaia di contadini dai loro terreni.
In tutta Italia, da nord a sud, sono diffusi impianti inquinanti di ogni genere e tipo: dagl inceneritori, alle discariche, alle piattaforme di trivellazioni nell’Adriatico, passando per tutti quelli ecomostri responsabili delle emissioni tossiche e delle polveri sottili; grandi opere inutili si stagliano all’orizzonte, deformando e compromettendo per sempre le caratteristiche originarie dei territori; privatizzazioni e accaparementi dei beni comuni, come l’acqua e la terra, e i servizi pubblici ad essi correlati divengono portate per la voracità di pochi e negano diritti per la maggior parte di noi, a partire dall’abitare, dall’accesso ai saperi e dalla salute.
Ogni territorio si trova ad affrontare battaglie differenti, ma è proprio a partire dalle singole specificità che bisogna ripartire per costruire un percorso comune che ci renda liberi dal capitalismo finanziario e che sia in grado di produrre un’alternativa.
Per questo il 12 ci mobiliteremo, in tutta Italia, e sarà solo un primo passo!
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