Perchè il Forum Acqua non andrà al Festival dell'Acqua organizzato da Utilitalia
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- Pubblicato: Venerdì, 02 Ottobre 2015 14:09
Sulla base dell'analisi di alcuni provvedimenti adottati dall'attuale Governo in materia di servizi pubblici locali appare sempre più evidente come questi facciano parte di un piano organico attraverso il quale s'intende rilanciare con forza i processi di privatizzazione e finanziarizzazione dei beni comuni, servizio idrico compreso.
Il decreto Sblocca Italia, la legge di stabilità 2015 e la Riforma della Pubblica Amministrazione, oltre alla spinta impressa a livello internazionale a favore dei trattati TTIP e TISA, sono gli strumenti attraverso i quali si tenta di perseguire questo obiettivo.
Tutto ciò in esplicita contraddizione con il referendum svolto nel 2011, tramite il quale le italiane e gli italiani si sono espressi in modo inequivocabile sul fatto che l'acqua e i servizi essenziali dovessero essere sottratti alle logiche di mercato e del profitto.
Ad oltre 4 anni da quel pronunciamento si è passati da una strategia volta a disconoscere e negare l’esito referendario fino a riprendere il percorso delle privatizzazioni mediante una pesante campagna comunicativa che si ammanta della propaganda di riduzione degli sprechi e dei costi della politica, della razionalizzazione delle aziende partecipate dai Comuni e della necessità del raggiungimento di economie di scala. Oggi, quindi, si utilizza una strategia ben più subdola di quella sconfitta dal referendum, ovvero non si obbliga più alla privatizzazione ma si favoriscono i processi che puntano ad raggiungere il medesimo obiettivo attraverso incentivi e premi o ritorsioni e rappresaglie nei confronti degli Enti Locali.
Dall'altra si prova a rendere sempre più difficile e onerosa l'opzione di una gestione pubblica riducendo quindi la possibilità di scelta degli Enti Locali rispetto a quelle garantite dalla disciplina comunitaria che proprio il referendum aveva ripristinato.
Infatti, s'incentivano esplicitamente le dismissioni di quote dei Comuni e si favoriscono economicamente i soggetti privati e le aggregazioni. Si arriva, quindi, a costruire un vero e proprio ricatto nei confronti degli Enti Locali i quali, oramai strangolati dai tagli, sarebbero spinti alla cessione delle loro quote al mercato azionario, giungendo così a relegarli esclusivamente ad un ruolo di “controllo” esterno o con quote di assoluta minoranza.
Nonostante ciò diversi sono i Comuni che si sono adoperati a favore di una gestione pubblica dell'acqua, a partire da quello di Napoli dove è stato portato a compimento il processo di ripubblicizzazione dell'azienda locale, la quale è stata rinominata “Acqua Bene Comune Napoli”.
Il combinato disposto dei diversi provvedimenti costruisce, quindi, un meccanismo per cui, attraverso processi di aggregazione e fusione, i quattro colossi multiutilities attuali - A2A, IREN, HERA e ACEA - già collocati in Borsa, potranno inglobare tutte le società di gestione dei servizi idrici, ambientali ed energetici, divenendo i “campioni” nazionali in grado di competere sul mercato globale.
Ciò si configurerebbe come una reale regressione ai primi del novecento quando a gestire l'acqua e i servizi pubblici erano pochi monopoli privati.
In questo nuovo scenario diversi sono i soggetti interessati a investire nei servizi pubblici locali.
Un ruolo da protagonista sembra volerselo ritagliare Cassa Depositi e Prestiti attraverso finanziamenti diretti (3 miliardi di euro già investiti nel triennio 2011–2013) o con i propri fondi equity FSI (500 milioni a disposizione per favorire le fusioni territoriali) e F21 (già attivo nei servizi idrici, nella distribuzione del gas, energie rinnovabili, rifiuti, in autostrade, aeroporti e tlc). Il tutto con “interessanti” joint venture con capitali stranieri.
Non possiamo esimerci dal constatare come Utilitalia, l'associazione che raggruppa le aziende dei servizi pubblici (acqua, energia e ambiente), non abbia avuto un ruolo secondario.
Al contrario, a più riprese attraverso i suoi rappresentanti, ha fatto dichiarazioni in cui auspica che si continui a perseguire la strada dell'incentivo alle aggregazioni anche nei prossimi provvedimenti che il Governo si accinge ad adottare.
In questo c'è un'assoluta convergenza con il Presidente del Consiglio il quale, recentemente, ha dichiarato che il Governo è al lavoro per inserire nella prossima legge di stabilità norme volte a definire un tetto al numero delle partecipate degli Enti Locali, un limite alla quota pubblica nel capitale delle società e favorire ulteriormente un intervento di Cassa Depositi e Prestiti e Fondo Strategico Italiano, sul modello utilizzato per la fusione Hera-Acegas Aps.
Obiettivo di fondo è la creazione di 4/5 grandi player nazionali.
Affermazioni che ricordano molto da vicino quelle di F. Bassanini e E. D'angelis fatte nei mesi scorsi.
Appare evidente che, laddove si giungesse alla definizione di norme di questo tipo, l'attacco ai servizi pubblici locali, acqua inclusa, diviene ancor più esplicito e del tutto paragonabile a quello sferrato nel 2009 dal Governo Berlusconi con il cosiddetto decreto Ronchi.
Non possiamo poi non evidenziare come a suo tempo Federutility, per bocca del suo presidente di allora Roberto Bazzano, si è apertamente e pubblicamente pronunciata contro i referendum e a favore dei profitti sull'acqua.
Inoltre, attraverso le sue iniziative ha da sempre contrastato le posizioni del movimento per l'acqua in materia di ripubblicizzazione del servizio idrico, a partire dal giudizio espresso sulla legge d'iniziativa popolare attualmente in discussione presso la Commissione Ambiente della Camera.
Va anche sottolineato come suddetta associazione si è di fatto adoperata per la non attuazione degli esiti referendari. Non a caso ha deciso di presentare una memoria “ad opponendum” al ricorso presentato dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e da Federconsumatori presso il TAR della Lombardia, relativamente al nuovo metodo tariffario del servizio idrico approvato dall’AEEGSI che è in palese violazione del referendum. Si tratta di un atto chiaramente ostile nei confronti di noi tutti e della cittadinanza, che non può non essere valutato in questi termini e dal quale occorre trarre le dovute conseguenze.
A riguardo intendiamo ribadire il nostro giudizio assolutamente negativo sul metodo tariffario prodotto dall'AEEGSI in merito al mancato rispetto dell'esito del II° referendum e dunque alla mancata eliminazione dalla tariffa di qualsiasi voce riconducibile alla remunerazione del capitale investito. Al contrario si stanno facendo rientrare dalla finestra i profitti garantiti per i gestori sotto la denominazione di “costo della risorsa finanziaria”. Quindi si “elude” il risultato del referendum poiché la maggioranza assoluta delle italiane e degli italiani ha sancito, e vogliamo ricordarlo dal 21 luglio 2011 ha acquisito forza di legge, esattamente l’impossibilità di remunerare in tariffa il rischio d’impresa al di là della sua misura, in quanto ha sancito il divieto di continuare a fare profitti sull’acqua.
In applicazione dell'esito referendario il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua ha promosso la campagna di “obbedienza civile” che attraverso la decurtazione dalla bolletta della quota di “remunerazione del capitale investito” punta attuarlo dal basso, laddove le istituzioni risultano inadempienti. E’ stata chiamata di “obbedienza civile” perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta, ma di “obbedire” alle leggi in vigore, così come modificate dalla volontà popolare il 12 e 13 giugno 2011.
Ci teniamo anche a denunciare una questione specifica che negli ultimi anni siamo stati costretti ad affrontare come movimento per l'acqua, ovvero la diffusione sempre più massiccia e indiscriminata dei distacchi dell'acqua da parte delle aziende. Ciò avviene soprattutto a causa della cosiddetta morosità incolpevole, ossia nei confronti di quegli utenti che per cause di forza maggiore non sono nelle condizioni di poter saldare le bollette.
Un fenomeno che in Italia sta facendo risalire di molto la cosiddetta “water poverty”, l'indice tramite il quale in tutta Europa si misura l'accesso all'acqua potabile. Questo indice era stato in continua diminuzione sino alla fine del secolo scorso in gran parte del nostro continente. Ma in quei paesi che hanno fatto da cavie nella privatizzazione del bene comune per eccellenza ha subito in pochi anni una drastica impennata, come ad esempio in Inghilterra, soprattutto a causa della crescita esponenziale delle tariffe.
Ora in Italia si sta verificando un fenomeno per alcuni versi ancor più inquietante.
Infatti, in un periodo in cui alcuni provvedimenti rilanciano i processi di privatizzazione, appare evidente come attraverso la selvaggia pratica dei distacchi le aziende intendono lanciare un messaggio chiaro ai mercati, ovvero rendere il servizio idrico ancor più appetibile alle lobbies economiche e finanziarie, cercando di dimostrare che l'acqua non è un diritto ma una merce come le altre.
Per queste ragioni il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha deciso di non accettare l'invito a intervenire al Festival dell’Acqua, come peraltro venne fatto anche per le precedenti edizioni, ritenendo che non ci siano le basi per svolgere una discussione ed un confronto nel merito con Utilitalia.
Intendiamo anche denunciare l'operazione che si cela dietro questo festival, ovvero una sorta di “water common washing” con l'ingiustificata appropriazione da parte di Utilitalia del tema dell'acqua bene comune, esclusivamente finalizzata alla creazione di una propria immagine positiva o, per meglio dire, di un'immagine mistificatoria per distogliere l'attenzione da proprie responsabilità nei confronti della mercificazione di tale bene.
In ultimo non possiamo esimerci dal ribadire la nostra posizione anche sul contesto all'interno del quale si svolge il Festival, ovvero EXPO 2015.
L'EXPO 2015, dal nostro punto di vista, è una vicenda simbolica che ci offre la possibilità di sviluppare un ragionamento complessivo. Infatti, nei meccanismi che muovono l'esposizione mondiale, c'è una commistione tra grande opera e grande evento, in cui un evento privato si costruisce in gran parte con soldi pubblici. Una dinamica di privatizzazione assunta come obiettivo strategico nazionale che prova a nascondere una speculazione e un modello che avversiamo in coerenza con i nostri principi .