Indietro non si torna! A dieci anni dalla vittoria del movimento italiano dell’acqua contro la privatizzazione
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- Pubblicato: Mercoledì, 09 Giugno 2021 13:23
Pubblichiamo un interessante articolo di Andreas Bieler, Professore di Economia Politica all’Università di Nottingham, che da diversi anni realizza delle ricerche sulle forme di resistenza alla privatizzazione dell'acqua.
Un ringraziamento particolare a Mariangela Rosolen per la rapida ed eccellente traduzione.
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Dieci anni fa, il 12 e 13 giugno 2011, con un referendum nazionale, il Movimento italiano dell’acqua ha riportato una vittoria determinante contro la privatizzazione. Per la prima volta, da 16 anni, è stato nuovamente raggiunto il quorum di almeno il 50 per cento più uno dei votanti, richiesto per la sua validità. E infatti, oltre il 57% degli aventi diritto al voto, più di 27 milioni di italiani, ha deposto la scheda nell’urna. Più straordinarie ancora le maggioranze ottenute dai due quesiti sull’acqua: 95,35 per cento al primo quesito che aboliva l’obbligo giuridico di privatizzare la gestione dei servizi idrici; 95,80 per cento al secondo quesito che abrogava il diritto degli investitori di realizzare il sette per cento di profitto sulla gestione dei servizi idrici (Fattori 2011).
Entrambi i quesiti hanno eliminato alla base le ragioni dell’ingresso dei privati nella gestione dell’acqua. In questo articolo, tratto dal mio nuovo libro Fighting for Water: Resisting Privatization in Europe (Zed Books/Bloomsbury, 2021) propongo alcune riflessioni sui motivi profondi di quel successo e sulle sue implicazioni più ampie nella lotta per il diritto umano all’acqua.
Diversi fattori chiave hanno concorso al successo del Movimento italiano dell’acqua. Primo, la campagna basata su di un’ampia alleanza, coordinata a livello nazionale dal Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua. Hanno sostenuto la lotta contro la privatizzazione sia le grandi organizzazioni storiche del sindacato (ad es. FP-CGIL) sia le organizzazioni sindacali di base (ad es. USB, Cobas), non solo perché la privatizzazione dei servizi idrici spesso comporta il peggioramento dei livelli salariali e delle condizioni di lavoro, ma anche perché come organizzazioni dei lavoratori hanno capito che dovevano guardare oltre il posto di lavoro e ai bisogni sociali più in generale, dove l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari costituiscono importanti diritti umani. L’alleanza comprendeva anche i gruppi ambientalisti (ad es. Legambiente, WWF Italia) consapevoli che l’ambiente è messo a rischio quando il profitto fa parte della gestione dell’acqua. Un forte sostegno alla campagna referendaria è venuto anche da diverse importanti organizzazioni e personalità della Chiesa Cattolica per le quali l’acqua è un’insostituibile fonte di vita che non va gestita come una merce da scambiare sul mercato a fini di lucro.
Ma sono stati i comitati spontanei di cittadini, sparsi in tutto il paese a ribellarsi e organizzarsi contro aumenti del 100 per cento delle tariffe, e anche oltre, causati dalla partecipazione dei privati alla gestione dei servizi idrici locali.
Infine, una rete di Comuni e di organizzazioni non governative per lo sviluppo ha rafforzato l’alleanza e ne ha fatto una formidabile forza a livello nazionale, regionale e locale in tutta Italia, che ha portato ad una grande affluenza alle urne referendarie.
Il secondo importante fattore è stato il rifiuto del Movimento dell’Acqua di allearsi ai partiti politici.
Gli attivisti si sono resi conto che per assicurarsi il voto degli elettori di sinistra ma anche di quelli del centro-destra, la questione dell’acqua doveva restare al di fuori dell’area elettorale e che il referendum andava mantenuto al di sopra degli orientamenti di partito. Fin dai primi anni ’90 infatti, le coalizioni di centro-destra e centro-sinistra al governo del paese sono state intercambiabili, perseguendo politiche simili di ristrutturazione neo-liberalista (Cozzolino 2021: 101-27). Vincere le elezioni e procurarsi i vantaggi della gestione del potere è diventato l’unico scopo dei partiti politici, mentre la lotta per politiche alternative passava in secondo piano.
Terzo, l’eccellenza creativa delle strategie elaborate dal Movimento italiano dell’acqua
Quando i partiti politici si sono rifiutati di applicare l’esito referendario rispetto al profitto garantito sugli investimenti, gli attivisti hanno escogitato la strategia dell’”Obbedienza civile” e dedotto il 7 per cento dalle loro bollette dell’acqua. L’hanno chiamata “obbedienza civile” e non “disobbedienza civile” sostenendo che la riduzione del 7 per cento della tariffa dell’acqua rappresentava in realtà l’applicazione della legge risultante dal referendum
Infine, l’importanza data dal Movimento Italiano all’acqua Bene Comune, da governare in modo unitario e partecipativo e da preservare per le generazioni future, ha offerto una chiara alternativa. È una sfida diretta alla centralità capitalista della mercificazione di un numero sempre maggiore di aree da assoggettare alla logica del mercato e del profitto. Implica perciò un’evoluzione verso un modello economico alternativo, nel quale i mezzi di produzione sono gestiti collettivamente. Una nuova centralità accompagnata da una nuova forma di democrazia partecipativa nella gestione dei servizi idrici.
Proprio in una situazione percepita come post-democratica da una parte del movimento dell’acqua, l’obiettivo di una nuova forma di democrazia è suggestivo. “Si scrive acqua, si legge democrazia” (Fantini 2014: 42) è stato lo slogan dominante della campagna. In altre parole è una concezione nuova di democrazia e di un modo nuovo di gestire l’economia, e soprattutto di come queste due dimensioni strettamente intrecciate portano a una dimensione trasformativa.
La vittoria del Referendum italiano sull’acqua è stata importante. I cittadini hanno dimostrato che le politiche si possono cambiare nonostante la collusione del centro-sinistra e del centro-destra sulle economie neoliberiste. Ma l’importanza di questa vittoria va ben oltre l’incoraggiamento agli attivisti che si oppongono ovunque al capitalismo neoliberista.
È stato il successo del Referendum italiano sull’acqua a convincere la Federazione Europea dei sindacati dei Servizi Pubblici (EPSU) a procedere al lancio della prima ICE – Iniziativa dei Cittadini Europei - sul “Diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari” , che ha raccolto quasi 1,9 milioni di firme in tutta Europa nel 2012 e 2013.
Come ho scritto nel Capitolo 3 di Fighting for Water, il capitale ha fatto ritorno e continua ad ostacolare l’attuazione del referendum. E le lotte per l’acqua pubblica continuano. La vittoria di dieci anni fa del Movimento italiano per l’acqua ha avuto comunque un effetto duraturo sulle lotte contro il suo sfruttamento in Italia e altrove. Quella vittoria referendaria in Italia ha convinto gli attivisti di tutta Europa che le campagne basate su ampie alleanze organizzate dal basso possono sfidare con successo il capitalismo. Ha modificato il nostro concetto di ciò che è possibile nella lotta contro lo sfruttamento del capitale.
Andreas Bieler è Professore di Economia Politica alla School of Politics and International Relations e Fellow del Centre for the Study of Social and Global Justice (CSSGJ) dell’Università di Nottingham, UK. Ha scritto Global Capitalism, Global War, Global Crisis (con Adam D. Morton) (CUP, 2018) e Fighting for Water: Resisting Privatization in Europe (Zed Books, 2021).