Lamezia Terme, c'è da cambiare lo Statuto
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- Pubblicato: Lunedì, 28 Giugno 2010 10:28
Alla luce della recente consegna al sindaco di oltre 700 firme in calce ad una delibera di iniziativa popolare che chiede, fra i vari punti, la modifica dello statuto affinché nessun profitto venga fatto su un bene pubblico privo di rilevanza economica, appunto, come l’acqua, proviamo a fare alcune riflessioni tese a dimostrare che anche dopo l’emanazione dell’ultimo testo normativo.
Un percorso di ripubblicizzazione è possibile se ovviamente c’è la volontà politica dei soggetti responsabili e in particolare del Sindaco Speranza e dell’intero Consiglio Comunale che, nei fatti, giustificando la normativa vigente avallano un utilizzo scorretto e strumentale del diritto comunitario con l’unico scopo di giustificare scelte liberiste in barba ai più elementari diritti fondamentali dell’uomo.
A dimostrazione che “ripubblicizzare si può”, diverse centinaia fra consigli comunali, provinciali e regionali hanno già deliberato in tal senso come - solo per citarne alcuni fra le più importanti - la Regione Puglia e la Valle D’Aosta, le province di Napoli, Venezia, Torino, Fermo, Viterbo, diversi municipi di Roma oltre a circa 20 consigli comunali in Calabria.
Premesso ciò, ci sembra per nulla coerente l’atteggiamento del Sindaco che, da una parte firme le tre proposte di referendum con tanto di dichiarazioni altisonanti sulla stampa e, pochi giorni dopo, avvia l’iter di privatizzazione della Lamezia Multiservizi.
A nostro avviso è grave l’aver ignorato il volere popolare di richiesta di un consiglio comunale aperto – rinviandoci a settembre - per la discussione della proposta di delibera di iniziativa popolare scavalcando, di fatto, lo Statuto Comunale, che regola le iniziative popolari e vincola il sindaco ed il consiglio comunale all’obbligo di risposta.
E’, oltremodo, estremamente antidemocratico non coinvolgere la cittadinanza, i movimenti e i lavoratori della Multiservizi su una decisione così importante che riguarda appunto la gestione di bene comune strategici come l’acqua, la depurazione, i rifiuti e i trasporti.
In aggiunta scopriamo, con estremo rammarico, che sia la Commissione Bilancio che il Consiglio Comunale (delibera n°13 del 10.06.2010) hanno di fatto già messo in bilancio i proventi della privatizzazione della Lamezia Multiservizi per estinguere alcuni debiti di finanziamento contratti con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
Ci sconvolge inoltre il silenzio che su questa vicenda regna in città: cosa pensano le tante realtà politiche e associative che, a livello nazionale hanno aderito alla campagna referendaria e localmente latitano? Cosa pensano i sindacati di base e la CGIL?
Siamo veramente stanchi di sentirci dire: “sono per la gestione pubblica, ma dal punto di vista legislativo non ho altra alternativa che privatizzare”. Mai fu detta peggiore nefandezza!
Quale soluzione? Senza voler entrare nel merito di evidenti profili di illegittimità costituzionale delle norme correnti (in particolare l’art. 15 del decreto del 2009) evidenziati da costituzionalisti come il Prof. Lucarelli e il prof. Rodotà - per i quali sono stati presentati diversi ricorsi da parte di numerose Regioni al Consiglio di Stato - possiamo senza alcuna ombra di dubbio affermare che il governo e la gestione dell’acqua, come dei beni comuni più in generale, deve essere posta al di fuori della materia normativa introdotta dal decreto Ronchi.
Ripartire - come già proposto al Sindaco Speranza - dai servizi di interesse generale privi di rilevanza economica perché la norma in oggetto si occupa di concorrenza, mercato e servizi pubblici di rilevanza economica, pertanto il governo e la gestione dell’acqua, dei rifiuti, della depurazione e dei trasporti devono restare fuori dal processo di privatizzazione.
Il Trattato di Lisbona (protocollo n. 26 - art. 2), riserva ai singoli stati membri il potere di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse generale.
Sulla base di questa norma gli Stati, o meglio i livelli di governo più bassi (quindi i comuni) in quanto più vicini ai cittadini, sono titolari del potere d’identificare ed organizzare i servizi di interesse generale, scegliendone anche il modello di gestione.
Questo significa che i comuni alla luce del suddetto protocollo potranno, attraverso il loro statuto e regolamento consiliare, disciplinarne i modelli di gestione, anche attraverso alcune definizioni di principio. E qui che subentra la nostra richiesta di modifica dello statuto comunale con l’introduzione di un articolo che definisce l’acqua un bene “privo di rilevanza economica” come primo passa per ostacolare la privatizzazioni dei beni comuni a partire appunto dall’acqua.
Si è dunque aperta a Lamezia Terme la stagione degli affari e delle svendite dei beni comuni che porterà inevitabilmente ad ingrassare le solite “vacche sacre” del capitale .
Si inizierà con la svendita della Multiservizi (probabilmente per una soglia minima del 41%) per poi proseguire con il progressivo sbilanciamento azionario a favore delle società private che si affermeranno, nei fatti, come le vere proprietarie nel definire le scelte strategiche, perché è abbastanza evidente che la proprietà sostanziale dei beni sarà del privato, con effetti negativi sulla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.
Tali soggetti privati, acquisendo il capitale pubblico, diventeranno di fatto società di profitto con l’unico scopo di massimizzare gli utili societari. Come società di diritto privato potranno partecipare a gare per acquisire ulteriori servizi e concessioni accaparrandosi così altre forme di servizi anche fuori del proprio territorio di competenza.
In sostanza avremo una società di diritto privato che offrirà un servizio pubblico locale essenziale non a carattere economico (acqua, rifiuti, ecc…), sul quale però farà del profitto, in totale dispregio ai principi posti dal diritto comunitario di coesione economico-sociale, territoriale e di tutela dei livelli occupazionali (ricordiamo che le privatizzazioni sono state sempre seguite da una diminuzione sostanziale del personale addetto).
Va invece affermato con forza che siamo in presenza di una normativa che si occupa esclusivamente di servizi di interesse economico generale, quindi non produce effetti sul governo e la gestione dei beni comuni che sono invece un ambito direttamente riconducibile ai diritti fondamentali e sui quali nessun profitto è consentito.
Ci chiediamo poi, quale necessità avrebbe una società come la Multiservizi di dover partecipare a gare per accaparrarsi profitti provenienti dalla gestione di beni extra territoriali? Sarebbe decisamente più opportuno gestire in maniere trasparente e democratica i servizi del comune di competenza.
Suggeriamo al Sindaco Speranza ed al Consiglio Comunale che un servizio di governo e gestione di un bene privo di rilevanza economica, può essere affidato ad un soggetto formalmente e sostanzialmente di diritto pubblico come, ad esempio, una Azienda Speciale.
In conclusione, occorre soltanto una forte volontà politica per sfondare il muro delle pratiche ultraliberiste anche se, visto il clima politico nazionale e locale, si tratta di una strada ardua ma non impossibile da intraprendere.
Anche questa volta il Sindaco Speranza sta perdendo una grande occasione di segnare la sua consiliatura con uno straordinario messaggio politico.