Comitato pugliese Acqua Bene Comune: "le case dell’acqua non ce la danno a bere"
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- Pubblicato: Martedì, 16 Dicembre 2014 10:13
Negli ultimi mesi molti comuni pugliesi hanno fatto ricorso alle cosiddette “Case dell’acqua”. Cosa sono? L’ennesima opera di mercificazione del bene comune per antonomasia.
Questi distributori non fanno altro che erogare normalissima acqua pubblica a un prezzo maggiorato. In moltissimi casi al prezzo di 5 centesimi al litro. Si potrebbe pensare che si tratti di un costo bassissimo, ma ricordiamo che il prezzo che spendiamo per la medesima acqua che arriva nei nostri rubinetti (e alle nostre fontane pubbliche) è di 1 euro per metro cubo (ovvero 1000 litri, circa 0,1 centesimi al litro). Le case dell’acqua non ce la danno a bere neanche li dove, si vende “solo” l’acqua frizzante, distribuendo gratuitamente quella senza bollicine o, dove sia una cooperativa no profit a gestire il servizio. In entrambi i casi, infatti, la logica di fondo è la stessa: la mercificazione dell’acqua.
E il fatto che oggi possa essere distribuita gratuitamente o che venga richiesto un il pagamento di un prezzo con il quale sostenere un progetto no profit (che, comunque, è privato) non impedisce che domani possa essere venduta (magari quando nelle azioni dell’acquedotto pugliese saranno subentrati i privati o alla cooperativa non profit sarà subentrato un gestore profit). Già in altre parti del mondo, iniziando dalla Bolivia, il settore no profit è stato utilizzato come cavallo di troia per aprire ai privati del “profit”.
A questo si aggiunge, una distribuzione delle case dell’acqua meno omogenea (per ovvie ragioni) rispetto alle vecchie fontanelle, motivo per cui a seconda della zona dove si abita, si potrebbe essere costretti a spostamenti significativi per accedervi con conseguenti disparità.
In ultimo ma non per ultimo, non possiamo non rilevare, l’operazione di mistificazione che i gestori di tali distributori mettono in atto a danno dei cittadini: si comunica in maniera assolutamente erronea che l’acqua erogata dal nostro acquedotto abbia bisogno di essere filtrata per chissà quali impurità presenti. In alcuni casi viene persino raccontato che i dispositivi di filtraggio servono a diminuire la presenza di cloro. Anche se fosse vero, non se ne capirebbe il motivo, dato che le percentuali di tale sostanza nella nostra acqua sono perfettamente nella norma (valore di 0,1 sul limite massimo di 0,3 imposto dalla legge). Anzi, un’eventuale eliminazione del cloro faciliterebbe la formazione di batteri.
L’aspetto a nostro avviso però peggiore è che nella maggioranza dei comuni, le amministrazioni intendono, con tali distributori, soppiantare le fontanelle pubbliche. Con la scusa dei costi dovuti alla manutenzione (in verità irrisori nel complesso di un bilancio comunale), ci tolgono un diritto, oltre che un servizio pubblico e gratuito, in virtù del profitto di pochi.
Il compito di un’amministrazione pubblica è proprio quello di tutelare e garantire tali servizi, e non far fare affari d’oro a privati che guardano ai beni comuni come a una mucca da mungere.
Pertanto, il Comitato pugliese “Acqua Bene Comune”
- prende distanza netta dalle “case dell’acqua”;
- invita i cittadini a vigilare su quanto accade sui propri territori per impedire questo ulteriore passo verso la mercificazione della risorsa;
- chiede ai Comuni di “resistere” alle sirene e non cadere nella trappola.
L’acqua è un bene vitale, oltre che comune, e il suo accesso è un diritto umano che deve essere garantito a tutti.
SI alle fontanelle pubbliche a libero accesso.
NO alle “case dell’acqua”.
Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” – Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua