Forum Italiano dei Movimenti per L'Acqua

Ettore Rosato. Giù le mani dall'acqua!

parlamentoDiversi attivist* hanno ricevuto risposta dal capogruppo del PD alla Camera, On. Ettore Rosato, all'azione di pressione sui parlamentari svolta il 17 e 18 marzo scorsi contro lo stravolgimento della legge sulla gestione pubblica dell'acqua.

Di seguito la nostra risposta a chi che non perde occasione per mistificare la realtà e offendere i milioni di cittadini che hanno detto sì all'acqua pubblica, nel momento in cui il Governo muove un nuovo attacco all'acqua e ai servizi pubblici con il decreto Madia.
 
Lo stesso testo, in forma più estesa, è disponibile su Altreconomia (L'acqua non è un bene comune)
 
Rispondiamo tutt* a rosato_e@camera.it: "Giù le mani dall'acqua, il mio voto va rispettato!"
 
 
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Gentile Ettore,

creo che lei sia più disinformato di me, che partecipo al movimento per l'acqua da anni.

Mi lasci spiegare:

con il suo lavoro la Commissione Ambiente della Camera ha "cancellato" gli elementi più interessanti della legge per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, mentre i decreti attuativi della legge Madia - la riforma della pubblica amministrazione - esplicitano la volontà dell'esecutivo di favorire l'ingresso di soggetti privati nel capitale dei gestori. 

Alcuni interventi sulla legge promossi da deputati della maggioranza hanno di fatto “depotenziato” il contenuto della legge.

Il testo originale ricalcava nei contenuti la legge d’iniziativa popolare del 2007, presentata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, di cui faccio parte, ed era stata aggiornata e depositata dopo averne discusso con parlamentari di tutti gli schieramenti, quelli che hanno aderito all’intergruppo parlamentare per l’acqua bene comune, nato nel giugno del 2013.

Poiché il testo era stato condiviso e recava la firma di un centinaio di parlamentari, gli interventi che lo hanno modificano sono da considerare anche più gravi.
In particolare, è significativa la soppressione dell’articolo 6, quella che disciplinava i processi di ripubblicizzazione, ovvero la trasformazione del gestore in ente di diritto pubblico: era una norma stringente e prevedeva che entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge si sarebbero avviate le trasformazioni dei soggetti gestori. Veniva costituito anche un fondo per la ripubblicizzazione, per garantire la possibilità di ri-acquistare le quote societarie cedute a soggetti privati.

Tuttavia, la legge attualmente al vaglio dei parlamentari va valutata considerando tutti gli atti che negli ultimi anni hanno fissato dei paletti molto stringenti rispetto alla scelta dell’affidamento in house, cioè a soggetti pubblici, intendendo come tali aziende speciali ma anche società per azioni a totale capitale pubblico. 


La legge di Stabilità 2015, ad esempio, prevede l’obbligo per gli Enti Locali che effettuano tale scelta di accantonare a bilancio una somma pari all'impegno finanziario corrispondente al capitale proprio impegnato. E' evidente come con questa norma si provi a rendere residuale l'affidamento "in house" rispetto alle altre modalità di gestione, traducendosi in uno "sfavor" per gli Enti Locali, soprattutto in un contesto in cui il patto di stabilità interno impone vincoli di bilancio molto stretti.

Anche una nota dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) spiega come una lettura restrittiva della norma (secondo cui l’accantonamento dovrebbe essere pari al capitale investito) “rischierebbe di rendere, di fatto, impraticabile il ricorso all’in house d’ambito, limitando quindi l’autonomia di scelta dell’amministrazione nella gestione del servizio sovra comunale”. 

Ad esempio a Reggio Emilia, a seguito di questa norma, è stato stoppato nel corso di una notte, dopo una decisione in tal senso nella direzione provinciale del Partito Democratico, che rappresenta la maggioranza in quasi tutti gli enti locali, il processo di ripubblicizzazione in corso, che era già stato approvato in consiglio comunale a Reggio Emilia e in consiglio provinciale: si andava verso la costituzione di un soggetto pubblico, che avrebbe preso il posto dell’attuale gestore, IREN, una società quotata in Borsa. La norma della legge di Stabilità 2015 è stata indicata come "alibi", segnalando che gli Enti Locali non sarebbero in grado di sopportare una spesa del genere. Ed oggi si va verso l’affidamento del servizio a una società mista.

Se da una parte la legge sulla ripubblicizzazione è stata stravolta, c’è un altro intervento legislativo in corso che, sebbene poco dibattuto, comporterà profondi cambiamenti nella gestione dei servizi pubblici locali, compreso quello idrico integrato, ossia il “Testo Unico sui Servizi Pubblici Locali di Interesse Economico Generale”, uno dei decreti attuativi della legge delega Madia sulla riforma della pubblica amministrazione. 

 

Tale decreto sta iniziando il proprio iter per entrare in vigore ed è evidente che l’impianto del decreto rilancia fortemente le privatizzazioni.

Lo esplicita subito l’Analisi di Impatto della Regolamentazione (sez. 1, paragrafo B), allegata al testo di legge: fra gli obiettivi a breve termine, viene indicata “la riduzione della gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità”, mentre sono obiettivi di lungo periodo “garantire la razionalizzazione delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, in un’ottica dirafforzamento del ruolo dei soggetti privati” e “attuare i principi di economicità ed efficienza nella gestione dei servizi pubblici locali, anche al fine di valorizzare il principio della concorrenza”.


Le faccio presente che solo su pressione del Forum dei Movimenti per l'Acqua, all'art. 19, comma 1, lettera c) della legge delega è stato inserito un passaggio dirimente sulla base del quale si prevedeva che la nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali avrebbe dovuto tener conto dell’esito referendario del 2011. 

Il testo del decreto attuativo, invece, si pone in esplicita contraddizione con tale principio ravvisandosi, quindi, la violazione dell'art. 76 della Costituzione.

Infatti:

  • all'art. 7, comma 1, lettera d) si prevede che la gestione in economia o mediante azienda speciale è possibile solo per i servizi non a rete. Si esclude, dunque, una delle forme di gestione che l'esito referendario aveva reso di nuovo possibile sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 24/2011. Si tratta, inoltre, di un preciso attacco alle proposte di ripubblicizzazione da parte del movimento per l'acqua, che da sempre propugna la gestione attraverso enti di diritto pubblico, quali le aziende speciali, e di un attacco concreto alla realtà di ABC Napoli, azienda speciale che gestisce il servizio idrico della città partenopea.
  • in aggiunta lo schiaffo al referendum non poteva essere reso più evidente visto che viene reintrodotta nella determinazione delle tariffe dei servizi pubblici locali, “l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito” (art. 25, comma 1, lett. d), nell'esatta dizione abrogata dal secondo quesito referendario del giungo 2011.

Non può, poi, essere taciuto che le modalità di gestione sono la vera polpa di questo provvedimento. A riguardo si sancisce anche che le norme ivi inserite per quanto riguarda acqua, rifiuti e trasporto pubblico locale, prevalgono su qualsivoglia normativa di settore (art. 3), con buona pace di chi sostiene che con le modifiche apportate alla legge sull'acqua in Commissione Ambiente si sia fatto un passo in direzione della gestione pubblica dell'acqua.

 
Ecco perché ritengo che il vostro operato sia un tradimento della volontà popolare espressa dai referendum del 2011.

Cordiali saluti.

volantino Acqua pubblica2018