In Italia, l’acqua è un diritto?
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- Pubblicato: Martedì, 09 Aprile 2019 13:13
Non è un segreto che gestire l’acqua risulta essere un business molto redditizio: in Italia il giro d’affari annuo si aggira intorno ai 10 miliardi di euro.
Gestire l’acqua vuol dire non avere rischio d’impresa poiché i profitti continuano ad essere garantiti caricandoli direttamente sulla tariffa, anche dopo il referendum del 2011 e a seguito dell’intervento dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA).
Gestire il servizio idrico significa gestire un servizio in regime di monopolio poiché l’acqua è monopolio naturale. Pertanto può essere pubblico o privato ma non sussiste possibilità di concorrenza nel mercato. Parlare di liberalizzazioni in questo campo è una vera e propria mistificazione.
D’altra parte, i fautori del mercato sostengono che rimanendo pubblica la proprietà delle reti, l’acqua non viene privatizzata, e che ciò che viene messo sul mercato è la sua gestione. È evidente che il reale proprietario del bene è colui che lo gestisce poiché detiene tutte le informazioni, e non colui che ne mantiene la proprietà formale.
Fino all’ultima goccia.
Questo sembra essere l’obiettivo del processo di privatizzazione e finanche di finanziarizzazione che, attraverso l’iper-sfruttamento dell’acqua, tende a massimizzare i profitti e la soddisfazione degli azionisti considerando il depauperamento dell’acqua come un effetto collaterale ineluttabile.
Fino all’ultima goccia.
Questo sembra essere il risultato dell’attuale sistema di governo dell’acqua con perdite delle reti di oltre il 41% come media nazionale.
Un sistema per cui la diminuzione dei consumi si traduce in introiti più bassi per i gestori, rendendo necessarie forme compensatorie. Questo meccanismo si trasforma in un vero e proprio “conflitto di interessi” per il gestore che da un lato è chiamato ad intervenire per incoraggiare i cittadini ad un uso più consapevole della risorsa, e dall’altro registra una perdita economica se questo avviene. Questo “cortocircuito” si complica ulteriormente quando il gestore è una società privata quotata in borsa, quindi rispondente a regole finanziare e societarie. In poche parole un sistema di gestione votato al profitto che nessuna attenzione può e vuole avere per la conservazione quali-quantitativa del bene acqua, con investimenti del tutto insufficienti per la reale ristrutturazione delle reti.
Un approccio da superare completamente dal momento in cui è evidente che la diminuzione della disponibilità di acqua per uso umano sarà una delle più gravi conseguenze del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici.
Anche a partire da queste considerazioni abbiamo promosso un progetto dal titolo “In Italia, l’acqua è un diritto?” il quale, attraverso una pubblicazione e delle video-inchieste (https://www.acquabenecomune.org/261-progetti/in-italia-l-acqua-e-un-diritto), si pone l’obiettivo di chiarire ed evidenziare quali siano le dinamiche che intrecciano la crisi idrica alla gestione dell’acqua, i temi ecologici a quelli sociali ed economici, con particolare riferimento al diritto all’accesso all’acqua, ai rischi e alle vulnerabilità derivanti dall'impatto dell'azione umana e dei modelli di produzione sulla risorsa stessa e sull'ambiente.
Inoltre, prova a fornire dati, informazioni e più in generale una chiave di lettura dei processi nazionali e globali che perseverano nella mercificazione.
Si avanzano proposte radicalmente alternative alla logica mercatista con cui attualmente è gestita la risorsa idrica, a partire dalla consapevolezza che la sfida della preservazione quali/quantitativa di questo bene comune va agita in connessione intima sia alla lotta per la gestione pubblica e partecipativa del ciclo idrico sia a quella per la mitigazione degli effetti dei relativi cambiamenti climatici.
È necessario, dunque, individuare una strada alternativa per affrontare le questioni che stanno di fronte a noi, dal rilancio di una nuova fase di investimenti pubblici nel servizio idrico al fatto di misurarsi con i cambiamenti in corso, che dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che l'acqua è risorsa fondamentale per la vita e bene comune per eccellenza, e perciò non consegnabile alle logiche di mercato e di appropriazione privata.
Occorre costruire una seria inversione di tendenza rispetto alle scelte degli anni passati e riaffermare una volontà politica di gestione comune della risorsa, la stessa che è stata espressa con l'esito referendario del 2011 e che continua a rimanere un punto ineludibile per tutti.
Un’inversione di rotta che si potrebbe realizzare approvando immediatamente e senza stravolgimenti la proposta di legge “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” in discussione alla Camera che, come è noto, è l’aggiornamento della legge di iniziativa popolare presentata dodici anni fa dal movimento per l’acqua.
Infatti, questa legge rappresenta lo strumento più adatto per giungere ad una gestione del servizio idrico integrato interamente pubblica, partecipativa, ambientalmente sostenibile, con tariffe eque per tutti i cittadini, che garantisca davvero i diritti dei lavoratori e gli investimenti sulle infrastrutture, fuori da qualsiasi logica di profitto, oltre alla “incondizionabilità finanziaria” di un diritto fondamentale qual è il diritto all’accesso all’acqua.
In ultimo, il progetto “In Italia, l’acqua è un diritto?” ha previsto l’analisi di tre casi studio esemplificativi di come, ancora nel 2018, in Italia il diritto all’accesso all’acqua sia, nei fatti, negato:
- In particolare in Calabria dove a Rossano, Lamezia Terme e Cotronei, decine di migliaia di persone per decine di giorni hanno subito la sospensione del servizio.
- Oppure tra le province di Vicenza, Verona e Padova dove l’inquinamento da PFAS(una famiglia di composti chimici utilizzata prevalentemente in campo industriale) delle acque sta mettendo in pericolo la salute di centinaia di migliaia di persone.
- Altra questione analizzata è quella legata alla crisi idrica che nel 2017 ha toccato il Lago di Bracciano, di cui ancora oggi si vedono le conseguenze. Per cui si è provato a ricostruire le ragioni che hanno portato a quella crisi, oltre ad un quadro aggiornato dello stato del lago.
Paolo Carsetti (Associazione Acqua Bene Comune Onlus - Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua)