Il filo che unisce sfruttamento energetico ed idrico
- Dettagli
- Pubblicato: Mercoledì, 08 Maggio 2013 13:27
Si è svolta a Roma dal 28 al 30 Aprile la tre giorni di Stopenel (www.stopenel.org) che ha visto la partecipazione di comitati, movimenti, associazioni e comunità che si battono contro il modello energetico dell'ENEL fatto di carbone e finte rinnovabili in Europa e grandi dighe in America Latina.
Presenti tutta la rete no Coke, il coordinamento SOS Geotermia dell'Amiata, rappresentanti delle associazioni ambientaliste dell'Est Europa, dove la società italiana investe anche nel nucleare, e delle comunità cilene, colombiane e guatemalteche che lottano contro la costruzione di grandi dighe nei loro territori.
Ma qual'è il filo rosso che lega questi impianti diversi e lontani fra loro?
Innanzitutto l'ENEL che, con l'acquisto di Endesa nel 2009, eredita il pesante bagaglio postcoloniale della società spagnola inclusi in progetti in Cile dove, grazie alle leggi varate da Pinochet ancora oggi in vigore, possiede la quasi totalità dei diritti di sfruttamento dei fiumi del paese.
Poi il protocollo di Kyoto. L'approccio finanziario e mercatista alla lotta al cambiamento climatico non solo non serve all'obiettivo preposto ma sta aggiungendo devastazioni a devastazioni. Infatti secondo il "Meccanismo di Sviluppo Pulito" ogni diga costruita nei paesi meno industrializzati da diritto a dei crediti di emissioni. E' possibile "spendere" questi crediti per compensare le emissioni delle centrali di Civitavecchia, Brindisi o La Spezia senza essere obbligati alle riduzioni previste. Non solo. Costruendo un numero elevato di dighe in America Latina si ottiene un esubero di certificati di emissioni i che possono essere venduti sul mercato di crediti di carbonio ed utilizzati per strutturare prodotti finanziari derivati.
Inoltre questi progetti rispondono tutti al medesimo obsoleto e ormai irricevibile modello economico. In America Latina si chiama locomotiva minerario-energetica, le comunità vengono sradicate dalle proprie terre e private dell'accesso all'acqua per produrre energia destinata all'estrazione minerararia che continua ad alimentare economie interamente basate sull'esportazione di materie prime. Da noi si tratta di quel modello industriale ci ha sprofondato nella crisi economica e ambientale che stiamo vivendo, a causa della sua incapacità di riconvertirsi. Quel carbone colpevole di un morto al giorno. Quel cemento che ogni anno erode migliaia di ettari di terra fertile. Quella infrastrutture inutili che servono solo a chi le promuove con tanto affanno.
Infine hanno in comune il fatto di essere imposte e rifiutate dalle comunità locali che stanno articolando la resistenza a questi progetti per riprendersi il diritto all'acqua, alla terra, ad un'aria respirabile, ad un lavoro che valorizzi le vocazioni del territorio invece di distruggerle.
Lo slogan positivo scelto dalla rete di Stop ENEL è: "Per un nuovo modello energetico". Il modo di generare, distribuire e consumare energia è intimamente legato al modello economico e sociale. Un nuovo modello energetico necessita una trasformazione profonda dalla gestione delle risorse e del territorio. Per questo nella sua assemblea la rete ha deciso di camminare sempre più vicino agli altri movimenti.